La senti subito sotto le dita, la morbidezza: per usare un termine preso in prestito dalla sartoria, possiede una particolare manopesca e ha un aspetto più vissuto, leggermente opaco. 

Deriva dalla pelle di vitello pieno fiore, la parte più esterna e pregiata del pellame. Il suo tipico effetto vellutato è il risultato di un processo detto smerigliatura: la superficie viene carteggiata e levigata, per ottenere una maggiore profondità nelle sfumature.

Appena la indossi, sentirai il piede avvolto come da un morbido guanto. È merito di questo tipo di costruzione: rende la scarpa particolarmente flessibile e confortevole. E i dettagli sono cuciti a mano.

Il processo inizia con lo studio del pellame: l'artigiano sceglie la parte migliore e lo taglia. Predispone la tomaia sulla forma e, con delicatezza, martella: lima le cuciture e ammorbidisce i punti a contatto con il piede.

Con la pelle delle tomaia, l’artigiano avvolge completamente la forma – per una calzata più morbida, libera da orlature interne. Poi, cuce la vaschetta con ago e filo. Infine, la scarpa viene fissata alla suola con una cucitura interna detta Blake, dal nome della macchina usata per realizzarla: la mano artigiana guida la scarpa sotto gli aghi con il fare di chi ha esperienza.

Ammortizza il passo, grazie alla mescola di gomma che resta morbida e leggera. È antiscivolo e ha un piccolo tacco sul tallone, come da tradizione velista.

Siamo andati a Castelnuovo Vomano, in Abruzzo, dove il distretto calzaturiero ha radici profonde. Per un prodotto che duri, scegliamo solo pellami che sappiano invecchiare bene, affidandoci a chi li sa trattare da generazioni. Gli artigiani e le artigiane dei nostri laboratori hanno imparato il mestiere in famiglia e ne conoscono ogni segreto.

Ecco le storie di alcuni di loro.